standard-title Tumore del fegato e delle vie biliari

Tumore del fegato e delle vie biliari

L’obiettivo di questo spazio , che ha carattere puramente informativo, è di aiutare coloro ai quali è stato diagnosticato un cancro del fegato (primitivo o metastatico) o che sono sottoposti ad accertamenti per il sospetto che possano essere affetti da questa forma tumorale, ed anche i loro familiari ed amici a saperne di più sulla malattia nel tentativo di rispondere, almeno in parte, alle domande più comuni relative alla diagnosi e al trattamento.

Naturalmente, queste informazioni non contengono indicazioni utili a stabilire quale sia il trattamento migliore per il singolo caso, in quanto l’unico a poterlo fare è il medico curante che è a conoscenza di tutta la storia clinica del paziente.

CHE COS’È IL CANCRO?
Il cancro non è una malattia unica, non ha un’unica causa né un unico tipo di trattamento: esistono oltre 200 tipi diversi di cancro, ognuno con un suo nome e un suo trattamento. Benché le cellule che costituiscono le varie parti dell’organismo abbiano aspetto diverso e funzionino anche in modo diverso, la maggior parte si riparano e si riproducono nello stesso modo. Di norma la divisione delle cellule avviene in maniera ordinata e controllata, ma se, per un qualsiasi motivo, questo processo si altera, le cellule ‘impazziscono’ e continuano a dividersi senza controllo, formando una massa che si definisce ‘tumore’.

I tumori possono essere benigni o maligni. I medici sono in grado di stabilire se un tumore è benigno o maligno sulla base di una biopsia. Le cellule dei tumori benigni crescono lentamente e non hanno la capacità di diffondersi ad altre parti dell’organismo; tuttavia, se continuano a crescere nel sito originale, possono diventare un problema, in quanto esercitano pressione contro gli organi adiacenti. Al contrario, i tumori maligni sono costituiti da cellule che, in assenza di un trattamento opportuno, hanno la capacità di invadere e distruggere i tessuti circostanti e di diffondersi a distanza, ovvero, al di là della sede di insorgenza del tumore primitivo. In altre parole le cellule neoplastiche possono staccarsi dal tumore primitivo e diffondersi attraverso il sangue o il sistema linfatico. Quando raggiungono un nuovo sito, le cellule possono continuare a dividersi, dando così origine ad una  metastasi.

IL FEGATO
  • È localizzato nel quadrante superiore destro dell’addome.
  • Gli organi adiacenti sono lo stomaco, il diaframma, la colecisti e l’intestino (fig. 1).

liver = fegato; portal vein = vena porta; bile duct = dotto biliare; stomach = stomaco; spleen = milza; gallbladder = colecisti; pancreas = pancreas; duodenum = duodeno

  • È uno degli organi più voluminosi del corpo umano, con un peso pari a circa il 2% del peso totale.
  • Adempie a funzioni importanti: elabora i sottoprodotti della digestione, secerne la bile che interviene nella digestione degli alimenti, mantiene il metabolismo di grassi, carboidrati e proteine e produce anche alcune proteine essenziali (albumina, fattori della coagulazione, ecc.).
QUALI SONO LE CAUSE DEL CANCRO DEL FEGATO?

Le cause esatte del cancro del fegato sono tuttora sconosciute. I fattori di rischio per l’insorgenza di un tumore epatico primitivo (carcinoma epatocellulare) comprendono:

  • epatite virale B e C;
  • alcolismo;
  • cirrosi;
  • esposizione a tossine;
  • assunzione di steroidi anabolizzanti;
  • disordini metabolici (innalzamento dei livelli di colesterolo e trigliceridi, intolleranza glucidica) che configurano il quadro della sindrome metabolica e che possono causare un quadro istologico noto come steatoepatite non alcolica (NASH).

 

In molti casi, però, la malattia rappresenta la diffusione (metastasi) attraverso il circolo ematico di un tumore localizzato ad un altro organo. I tumori maligni che più comunemente metastatizzano invadendo il fegato sono il cancro del colon, del retto, della mammella, del pancreas e dello stomaco, i sarcomi, i melanomi, i tumori neuroendocrini e renali. In tal caso, questi tumori sono la fonte primitiva del carcinoma epatico.

QUALI SONO I SINTOMI DEL CANCRO DEL FEGATO?

Molti pazienti non accusano alcun sintomo; pertanto, la malattia è diagnosticata nel corso dei controlli di routine per un pregresso tumore non localizzato al fegato oppure degli accertamenti diagnostici prescritti di routine per la presenza di cirrosi o di epatite virale di tipo B o C. Il quadro sintomatologico del cancro del fegato comprende:

  • dolore: il dolore associato con un tumore epatico può essere localizzato al lato destro della regione addominale superiore, alla spalla destra o alla schiena;
  • indigestione, inappetenza, nausea e calo ponderale: questi sintomi si manifestano quando il tumore comprime lo stomaco e l’intestino tenue. I problemi di digestione possono insorgere anche per motivi non specificamente connessi con la localizzazione del tumore;
  • ittero: si manifesta sotto forma di colorazione, per lo più gialla, della cute e degli occhi, con urine scure e feci di colore chiaro. L’ittero compare quando nel sangue si accumulano concentrazioni rilevanti di bilirubina. Ciò avviene, ad esempio, se il tumore invade una porzione cospicua del fegato oppure se il dotto biliare si ostruisce. È in seguito a quest’innalzamento del livello di bilirubina che una persona assume il caratteristico colorito giallastro, diventando itterica. Quando la concentrazione di bilirubina è superiore alla norma può manifestarsi anche prurito. L’ostruzione dei dotti biliari può far salire il rischio di infezione;
  • febbre: la febbre rappresenta sempre un potenziale segno di infezione. La febbre, anche in assenza di infezione, si associa a volte al cancro del fegato. La presenza di un’infezione si dovrebbe escludere innanzitutto eseguendo gli esami del caso, soprattutto se la temperatura è di 38,5° C o più;
  • gonfiore localizzato alla cavità addominale o agli arti inferiori: quando insorge una malattia epatica cronica, ossia persistente, nella cavità addominale si può formare l’ascite, la quale può essere accompagnata da un gonfiore diffuso agli arti inferiori. Il gonfiore addominale e agli arti inferiori può essere causato anche da altre patologie, per esempio a carico del cuore o dei reni. Il liquido può essere rimosso temporaneamente aspirandolo con un ago attraverso una procedura che si chiama paracentesi, in alcuni casi è possibile controllarne l’accumulo con l’assunzione di farmaci che aumentano la diuresi e per questo detti diuretici. La risposta positiva al trattamento del cancro del fegato può ridurre il gonfiore all’addome e alle gambe, ma se la causa è una patologia epatica di fondo (ad esempio, cirrosi), esso può persistere o ripresentarsi.

 

 

COME SI FORMULA LA DIAGNOSI?

Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale, che vi visiterà e vi farà domande sulla vostra storia familiare e sulle vostre condizioni generali. Dopo la visita, se lo riterrà opportuno, potrà inviarvi allo specialista per una più approfondita valutazione ed eventuale esecuzione di ulteriori esami.

Le procedure diagnostiche descritte, di norma, non richiedono alcuna degenza in ospedale. Sono rari i casi in cui si ricorre alla chirurgia esplorativa per la diagnosi di tumori epatici o di altre condizioni anormali.

Analisi del sangue: alcuni tumori immettono nel sangue quantità apprezzabili di sostanze chimiche note come marcatori tumorali. Le analisi del sangue che accertano la presenza di tali marcatori possono servire per diagnosticare o monitorare il processo patologico. Altre prove misurano la funzionalità del fegato e degli altri organi.

Radiografia del torace: indagine radiologica utile per la valutazione di eventuali metastasi polmonari e/o per evidenziare patologie non neoplastiche concomitanti.

Ecografia: metodica che utilizza le riflessioni degli ultrasuoni (per questo è detta anche ultrasonografia) per formare un quadro delle strutture interne dell’organismo che viene visualizzato su un piccolo monitor. L’ecografia epatica mostra gli organi addominali e può mettere in evidenza la presenza di un tumore. L’ecografia si esegue comunemente appoggiando una sonda sulla superficie dell’addome.

Tomografia assiale computerizzata (TAC): attraverso l’uso di una speciale macchina per raggi X quest’esame fornisce immagini dettagliate delle strutture interne del corpo ed è in grado di dimostrare quanto si è diffuso il tumore. La TAC è l’esame primario per stabilire la localizzazione e le dimensioni del tumore del fegato e se questo può essere asportato chirurgicamente.

Risonanza magnetica nucleare (RMN): tecnica radiologica che utilizza i campi magnetici per dare immagini precise del fegato. L’esame si esegue quando si richiedono ulteriori informazioni sul fegato e sulle caratteristiche anatomiche del tumore.

Tomografia ad emissione di positroni (PET)

È una tecnica di medicina nucleare che prevede lo studio del metabolismo glucidico delle lesioni neoplastiche ed usa il tracciante F 18 FDG. Si esegue quando si richiedono ulteriori informazioni su lesioni metastatiche o primitive del fegato.

Agoaspirato o biopsia: qualora sia stata accertata la presenza di un tumore, è possibile prelevare un piccolo campione di cellule (ago aspirato) o di tessuto (biopsia) per esaminarlo quindi al microscopio. Queste procedure, si possono eseguire sotto controllo ecografico o tomografico (TAC). Prima di procedere al prelievo, l’operatore applica un anestetico locale per sedare la parte, quindi inserisce delicatamente un ago attraverso la cute dell’addome fino al fegato. La scansione ecografica o tomografica può aiutare l’operatore a localizzare esattamente il tumore.

Angiografia: serve per studiare i vasi sanguigni che si trovano all’interno del fegato e intorno ad esso; si esegue nel reparto di radiologia. Dopo aver praticato un’anestesia locale, s’inserisce nell’arteria della coscia un piccolo catetere e s’inietta un mezzo di contrasto nei vasi sanguigni che arrivano fino al fegato, quindi si eseguono delle radiografie. Queste immagini aiutano il chirurgo a pianificare l’intervento.

Paracentesi: procedura che prevede l’introduzione di un ago nella cavità addominale (ma non nel fegato) allo scopo di rimuovere l’ascite. Il liquido può essere quindi esaminato per accertare la presenza di cellule tumorali o di infezione. A volte il liquido viene rimosso in grandi quantità (ad esempio, 3-5 litri) allo scopo di alleviare il dolore e la sintomatologia respiratoria.

Esofagogastroscopia: indagine endoscopica che valuta la presenza di alterazioni patologiche neoplastiche e non a carico dell’esofago e dello stomaco.

Colonscopia: indagine endoscopica che valuta la presenza di alterazioni patologiche neoplastiche e non a carico del colon e del retto.

Laparoscopia: si esegue in sala operatoria in anestesia generale. Il chirurgo pratica nell’addome un’incisione di 2 cm, attraverso la quale inserisce una piccola telecamera. In questo modo è possibile esaminare direttamente gli organi interni che riempiono la cavità addominale. Si esegue per verificare se il tumore si è esteso ad altre parti del fegato o ad altri organi o strutture addominali.

QUALI SONO I TRATTAMENTI PER IL CANCRO DEL FEGATO?

Il trattamento indicato per il vostro caso dipende dall’estensione e dal tipo specifico (primitivo o metastatico) del tumore, dalle condizioni generali e dai referti delle analisi e degli esami a cui siete stati sottoposti.

Le possibilità di trattamento del cancro del fegato, che possono essere messe in atto singolarmente o in combinazione, sono le seguenti:

  • chirurgia
  • procedure radiologiche interventistiche
  • chemioterapia
  • radioterapia
  • Radioembolizzazione (SIRT) e ipertermia

Pianificazione del trattamento

Nella maggior parte degli ospedali, un’équipe composta da vari specialisti si prende cura della pianificazione del trattamento migliore per il vostro caso. L’équipe comprende un chirurgo specializzato nella chirurgia dei tumori del fegato, un oncologo, un medico specialista in medicina nucleare, un radiologo, un anatomo-patologo, un nutrizionista, un dietista, un fisioterapista, uno psicologo ed eventualmente anche un infermiere specializzato nel trattamento dei pazienti oncologici.

Questi specialisti elaborano il piano di trattamento tenendo conto di vari fattori quali l’età e le condizioni generali, il tipo e lo stadio del tumore. È bene assicurarsi di avere ricevuto tutte le informazioni sulle diverse opzioni disponibili, che cosa comporta ognuna di esse e quali sono gli effetti collaterali cui potrebbe dare adito.

LA CHIRURGIA

Il trattamento chirurgico è indicato nei casi in cui il tumore è localizzato e non si è diffuso al di là del fegato. La chirurgia può comprendere:

  • il trapianto;
  • la resezione; asportazione della parte, o di più parti, di fegato in cui è localizzato il tumore;
  • l’ablazione con radiofrequenza, (RFA) che consiste nell’inattivazione del tumore mediante un apposito ago che lo distrugge con il calore;
  • l’ablazione mediante microonde (MWA) o laser, che consiste nell’inattivazione del tumore mediante ipertermia mediata da uno o più aghi posizionati all’interno del tumore;
  • l’ablazione mediante elettroporesi reversibile (ECT) o irreversibile (IRE), una metodica non termica che inattiva le cellule tumorali mediante creazione di campi elettrici che s’instaurano tra due o più aghi e conducono alla distruzione della membrana cellulare;
  • l’inserimento di una pompa di infusione, un apparecchio per somministrare i chemioterapici direttamente nel fegato, oppure
  • la combinazione di più procedure.

Dopo l’intervento, potrebbe essere necessario trattenervi nel reparto di terapia intensiva per uno o due giorni, con una degenza in ospedale di 5-10 giorni. Di solito la convalescenza a casa richiede un mese prima di poter riprendere le normali attività.

In casi selezionati, la chirurgia può essere preceduta o seguita dalla chemioterapia o da tecniche di radiologia interventistica (v. pag. 21), al fine di ridurre le dimensioni del tumore e renderlo operabile (primo caso) o di distruggere eventuali cellule neoplastiche presenti in circolo e non rilevabili con gli esami strumentali (secondo caso). La chemioterapia si somministra per via endovenosa oppure orale. Il dosaggio e la frequenza della somministrazione dipendono dal particolare farmaco utilizzato. Per i pazienti che sono sottoposti a chemioterapia e radioterapia, il trattamento non richiede il ricovero in ospedale, ma può essere eseguito presso il day hospital.

Quando la chirurgia costituisce un’opzione terapeutica?

Se il tumore può essere asportato, si procede a intervento chirurgico. La fig. 2 illustra l’estensione degli interventi tipici di exeresi dei tumori epatici. È possibile asportare fino al 75% del fegato, in quanto questo ricresce (rigenerazione), purché non siano presenti cirrosi o epatite. Il fegato e i nervi periferici sono gli unici tessuti del nostro corpo in grado di riprodursi. In alcuni pazienti si può usare un trattamento misto con resezione e ablazione. In seguito all’asportazione chirurgica del tumore, ad alcuni pazienti si applica, attraverso l’arteria epatica, una pompa di infusione per sottoporre il fegato a chemioterapia nel tentativo di prevenire che la malattia si ripresenti, ossia recidivi..

Fig. 2 Fegato suddiviso in otto segmenti secondo la classificazione di Couinaud. Le resezioni epatiche possono prevedere l’asportazione di uno o più segmenti, di un intero lobo (destro o sinistro) o anche del 75% dell’intero parenchima.

extended right lobectomy = lobectomia destra allargata; right lobectomy = lobectomia destra; right scissura = solco destro; middle scissura = solco mediano; left scissura = solco sinistro; transverse scissura = solco trasversale; Cantlie’s line = linea di Cantlie; left lobectomy = lobectomia sinistra; extended left lobectomy = lobectomia sinistra allargata

 

 

Che dieta dovrò seguire?

Prima dell’intervento: Molti pazienti appaiono già dimagriti nel momento in cui è diagnosticata la malattia. Tuttavia, per mantenere il fisico in forze, è importante non perdere peso prima, durante e dopo la terapia.

Una buona nutrizione giova a ridurre al minimo gli effetti collaterali del trattamento. Gli effetti collaterali conseguenti alla chirurgia (e anche alla chemioterapia) possono influire sulla capacità di assumere cibo, ma possono anche richiedere che l’organismo assuma più calorie del normale. Consumare pasti piccoli e frequenti (quattro o cinque volte al giorno) seguendo una dieta bilanciata aiuta a mantenere il peso e a preservare le forze. Se necessario, consultate un dietista.

 

Dopo l’intervento: Il dietista è a vostra disposizione per aiutarvi a pianificare come soddisfare i bisogni nutrizionali.

 

Che cosa succede dopo l’intervento?

All’atto delle dimissioni dall’ospedale:

  • vi saranno consegnate le istruzioni riguardanti ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare dopo un intervento chirurgico di una certa rilevanza;
  • vi saranno consegnate le ricette per l’acquisto di analgesici e di altre eventuali medicine. Essendo la costipazione un effetto collaterale noto degli analgesici di uso comune, vi sarà consigliata l’assunzione di un lassativo ottenibile senza prescrizione;
  • vi saranno fissati gli appuntamenti per i controlli di routine che effettuerete a intervalli di tre-quattro mesi tornando in ospedale o recandovi dal medico curante.

Dopo l’intervento chirurgico potreste accusare spossatezza, diarrea, calo ponderale e un senso di pienezza che non scompare dopo i pasti. Tuttavia, nel giro di qualche settimana, questi disturbi scompariranno e potrete riprendere a nutrirvi normalmente e a svolgere le attività consuete.

 

E se il tumore non può essere asportato chirurgicamente?

Se il tumore si è diffuso dal fegato ad altri organi o non può essere rimosso chirurgicamente, il migliore trattamento consiste in un approccio combinato di tecniche loco-regionali e chemioterapia.

Ad alcuni pazienti potrebbe essere chiesto il consenso per inserirli in studi, che si definiscono clinici, che sperimentano nuovi protocolli di trattamento, che possono prevedere la somministrazione di nuovi chemioterapici o di nuove combinazioni di farmaci diversi. A volte anche i trattamenti con irradiazione sono inseriti negli studi clinici. Ogni volta che usciranno sul mercato nuovi farmaci più efficaci, sarà possibile rivedere le opzioni terapeutiche per il trattamento del cancro del fegato.

Molti malati sono a conoscenza delle statistiche circa l’aspettativa di vita, o prognosi, in presenza di carcinoma epatico. Quantunque le statistiche siano utili, possono anche essere fuorvianti. Se nutrite dei dubbi circa la vostra prognosi, esternateli all’oncologo. Costui è l’unica persona che conosce il vostro caso abbastanza bene da potersi esprimere nel merito.

 

PROCEDURE RADIOLOGICHE INTERVENTISTICHE

Si tratta di procedure durante le quali, sotto il controllo dei raggi X o degli ultrasuoni, si possono iniettare sostanze o utilizzare dispositivi in grado di distruggere le cellule tumorali. Esse comprendono:

  • l’embolizzazione (TAE): nel corso di questa procedura, s’inserisce in un vaso sanguigno che alimenta il tumore un catetere attraverso il quale s’iniettano sostanze embolizzanti che bloccano l’afflusso di sangue al tumore;
  • la chemioembolizzazione (TACE): prevede l’infusione, mediante un catetere, di farmaci antineoplasici in un vaso sanguigno che alimenta il tumore, seguita dall’embolizzazione per potenziarne l’azione;
  • l’infusione intra-arteriosa: prevede l’utilizzo di un catetere per la somministrazione di farmaci chemioterapici attraverso i vasi sanguigni che alimentano il tumore o di sfere di Ittrio90 per una radioterapia interna;
  • l’ablazione: nel corso di questa procedura s’inserisce nell’area tumorale, attraverso la cute, un ago collegato ad un generatore di corrente, che, provocando un innalzamento della temperatura all’interno dell’area tumorale, ne causa la distruzione.

 

LA CHEMIOTERAPIA

La chemioterapia consiste nell’impiego di farmaci detti citotossici o antiblastici. Essendo veicolati dal circolo ematico, tali preparati possono raggiungere le cellule tumorali in ogni parte dell’organismo.

I chemioterapici sono somministrati a volte per via orale sotto forma di compresse, ma più comunemente sono iniettati direttamente in vena (somministrazione per endovena). Alcuni pazienti ricevono la chemioterapia attraverso una pompa di infusione applicata nell’arteria epatica. In sede di intervento la pompa viene inserita sotto la cute dell’addome e riempita con il chemioterapico (o con una combinazione di più chemioterapici). L’estremità del catetere della pompa è inserita nell’arteria epatica in modo da erogare i farmaci direttamente nel fegato limitando i danni alle altre strutture dell’organismo.

Un ciclo di chemioterapia che, a seconda del tipo di farmaco, può durare alcune ore o qualche giorno, è seguito da un periodo di riposo di qualche settimana per consentire all’organismo di smaltire gli eventuali effetti collaterali. Un ciclo completo di chemioterapia dura quattro-sei mesi.

Sono disponibili molti chemioterapici per il trattamento dei tumori del fegato, che possono essere somministrati da soli o in combinazione. I più usati sono la gemcitabina, l’oxaliplatino, la doxorubicina e il sorafenib, ma si possono usare anche altri farmaci. I regimi di combinazione sono caratterizzati dall’associazione di più farmaci, secondo schemi diversi. Il vostro oncologo potrebbe offrirvi la possibilità di scegliere tra vari trattamenti, giacché le singole combinazioni producono effetti collaterali diversi.

La chemioterapia può essere eseguita come trattamento ambulatoriale, ma  in alcuni casi  potrebbe richiedere un breve periodo di degenza in ospedale.

Effetti collaterali

Le reazioni alla chemioterapia variano da soggetto a soggetto. È vero che i trattamenti potrebbero causare effetti collaterali spiacevoli, ma questi di solito possono essere facilmente controllati con appositi farmaci. Alcuni pazienti sono in grado di condurre una vita abbastanza normale anche durante il trattamento, ma la maggior parte avverte un profondo senso di spossatezza e deve prendersela con molta più calma. Non pretendete di fare tutto ciò che svolgevate prima senza sforzo e prendetevi il tempo necessario a far riposare il fisico.

Ridotta resistenza alle infezioni: se, da un lato, i farmaci distruggono le cellule tumorali, dall’altro riducono temporaneamente il numero di linfociti, con conseguente aumento del rischio di contrarre infezioni. Se la temperatura sale oltre 38° C o se all’improvviso accusate uno stato di malessere nonostante la temperatura sia normale, rivolgetevi immediatamente al vostro medico o recatevi in ospedale.

Prima di ogni seduta di chemioterapia sarete sottoposti ad analisi del sangue per controllare il livello dei globuli bianchi. Se la conta dei globuli bianchi continua ad essere bassa, potrebbe essere necessario posticipare il trattamento.

Tendenza a sviluppare lividi o piccole emorragie: la chemioterapia può provocare un abbassamento delle piastrine. Se compaiono lividi o piccole emorragie di cui ignorate la causa, parlatene con l’oncologo.

Anemia: se il livello dei globuli rossi si abbassa, vi sentirete molto stanchi e potreste accusare anche mancanza di respiro. Sono questi i sintomi dell’anemia, che possono essere risolti con una terapia mirata o anche con trasfusione di sangue.

Nausea e vomito: alcuni chemioterapici usati per il trattamento del tumore del fegato possono causare nausea e vomito, che tuttavia si possono prevenire o ridurre considerevolmente con la somministrazione di antiemetici.

Ulcere del cavo orale: alcuni chemioterapici possono irritare la bocca e provocare la comparsa di piccole ulcere. Effettuare regolarmente degli sciacqui può giovare a ridurre il fastidio.

Perdita dell’appetito: se non avete voglia di mangiare finché siete in trattamento, potrete sostituire i pasti con bevande ipercaloriche.

Modificazioni del gusto: potreste accorgervi che i cibi hanno un sapore diverso, talvolta metallico. Anche in questo caso l’effetto è temporaneo e il senso del gusto tornerà normale alla conclusione del trattamento.

Caduta dei capelli: la caduta dei capelli è un effetto collaterale comune di alcuni chemioterapici, ma non di tutti. È un effetto psicologicamente molto difficile da accettare. Di solito i capelli cominceranno a ricrescere nell’arco di tre-sei mesi dalla conclusione del trattamento. Chiedete al vostro oncologo se i farmaci che assumete possono causare la caduta dei capelli. Ci sono molti modi per mascherare la perdita dei capelli, ad esempio facendo uso di parrucche, foulard o cappelli. In alcuni casi è possibile cercare di limitare la caduta dei capelli facendo uso del cosiddetto casco di ghiaccio, che raffredda il cuoio capelluto durante la seduta di chemioterapia, ma la sua efficacia è discutibile.

Menopausa precoce: in alcuni casi la chemioterapia può indurre una menopausa precoce, che si manifesta con i segni classici di questo fenomeno, ossia vampate di calore e sudorazione profusa.

Contraccezione e chemioterapia

Durante la chemioterapia, è consigliabile evitare di dare inizio ad una gravidanza, perché i farmaci citotossici possono influire negativamente sullo sviluppo fetale. È, pertanto, importante usare un metodo contraccettivo efficace per tutta la durata del trattamento e anche per alcuni mesi dopo la sua conclusione. Affrontate l’argomento con il vostro oncologo.

Nelle prime 48 ore successive alla seduta di trattamento eventuali tracce di farmaco possono essere presenti nella secrezione vaginale; per tale motivo, si consiglia l’uso del profilattico nei rapporti sessuali.

LA RADIOTERAPIA

La radioterapia consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali, cercando al tempo stesso di danneggiare il meno possibile le cellule normali. Le radiazioni sono erogate di solito da una macchina direttamente nella regione corporea da trattare. La radioterapia non è così diffusa per il trattamento del cancro del fegato come lo sono la chirurgia e la chemioterapia. A volte la terapia radiante viene attuata insieme alla chemioterapia o in corso di intervento.

Pianificazione del trattamento

La pianificazione è una fase molto importante, perché dalla sua attenta esecuzione dipende la possibilità di trarre il massimo beneficio dalla radioterapia. Il primo appuntamento presso il centro di radioterapia è dedicato alla seduta di centratura, durante la quale il radioterapista utilizza un’apposita macchina detta simulatore, oppure lo scanner con cui si esegue la TAC, per scattare una serie di radiografie della zona da irradiare. Questa è, quindi, delimitata tracciando con l’inchiostro sulla cute dei segni di demarcazione, che hanno lo scopo di mostrare al tecnico di radiologia, che esegue il trattamento, il punto esatto sul quale deve erogare le radiazioni, e lo aiuta a posizionarvi correttamente sul lettino. I segni di demarcazione devono rimanere ben visibili per tutta la durata del trattamento, ma potranno essere facilmente rimossi alla sua conclusione. In alcuni casi potrebbe essere necessario eseguire dei piccoli tatuaggi permanenti. Ciò, tuttavia, è possibile soltanto con il vostro consenso. Questa procedura potrebbe essere fastidiosa.

Le sessioni di trattamento

Prima di ogni sessione di trattamento, il tecnico di radiologia che esegue l’irradiazione vi posiziona correttamente sul lettino e verifica che siate comodi. Durante il trattamento, che dura solo qualche minuto, dovete rimanere soli nella sala, ma potete comunicare con il tecnico che controlla lo svolgimento della procedura dalla stanza a fianco. La radioterapia non è dolorosa, ma dovete rimanere immobili fino al termine della sessione di trattamento.

Effetti collaterali

La radioterapia del fegato può causare, a volte, effetti collaterali, quali arrossamento e ‘trasudazione’ della cute, nausea e fatigue. Tali effetti collaterali tenderanno a scomparire gradualmente una volta concluso il ciclo di trattamento, anche se la fatigue può persistere per qualche mese.

Durante il trattamento si sconsiglia l’uso di saponi profumati, creme o deodoranti, che potrebbero contribuire ad irritare ulteriormente la cute. All’inizio del trattamento vi sono fornite le istruzioni sul modo in cui prendervi cura della cute dell’area irradiata.

Eventuali  effetti collaterali conseguenti alla radioterapia possono essere discussi con il radioterapista.

Le metodiche terapeutiche di seguito descritte sono disponibili soltanto presso alcune grandi strutture.

Radioembolizzazione: SIRT (Selective Internal Radiation Therapy) Consiste nella somministrazione intra-arteriosa di microsfere di resina arricchite con ittrio 90, un radioisotopo che emette radiazioni beta. Dopo l’inoculo nell’arteria che alimenta il tumore, le microsfere, intrappolate all’interno dei vasi tumorali, distruggono le cellule neoplastiche attraverso il rilascio delle radiazioni.

Il SIRT è un trattamento regionale in quanto le radiazioni sono dirette al fegato, ed in particolare alle cellule tumorali, senza colpire gli altri organi del corpo. È indicato per i tumori primitivi e secondari (metastatici) del fegato.

Ipertermia: Questa tecnica prevede l’innalzamento controllato della temperatura dell’organo trattato. Ciò provoca la distruzione delle cellule neoplastiche in quanto più sensibili all’aumento di temperatura rispetto a quelle normali. L’ipertermia può essere utilizzata da sola o in combinazione con la chemioterapia, potenziando l’efficacia del trattamento tradizionale. È indicata per i tumori primitivi e secondari (metastatici) del fegato.

Elettroporesi Reversibile (ECT) o Irreversibile (IRE): Questa metodica non termica inattiva le cellule tumorali mediante la creazione di campi elettrici che s’instaurano tra due o più aghi e conducono alla distruzione della membrana cellulare, con conseguente morte delle cellule neoplastiche e non comprese nel raggio d’azione dei campi elettrici.

Thermodox in combinazione con la procedura di radiofrequenza: Thermodox è un farmaco sperimentale sensibile al calore che rilascia doxorubicina, un chemioterapico, quando viene esposto al calore della radiofrequenza. Il farmaco viene somministrato per via endovenosa almeno trenta minuti prima della procedura di radiofrequenza. La combinazione delle due metodiche dovrebbe aumentare l’ampiezza della regione di tessuto che può essere trattata con la sola termoablazione e sterilizzare le eventuali micrometastasi periferiche alla neoplasia principale.

GLI STUDI CLINICI

Gli studi clinici sono sperimentazioni condotte sui pazienti per varie finalità:

  • testare nuovi trattamenti o nuovi farmaci;
  • verificare se i trattamenti disponibili, combinati o somministrati in maniera diversa, sono più efficaci o causano meno effetti collaterali;
  • confrontare l’efficacia dei farmaci utilizzati per il controllo dei sintomi;
  • studiare il principio di azione dei farmaci antitumorali;
  • vedere quali trattamenti hanno il miglior rapporto costo-beneficio.

Gli studi clinici costituiscono l’unico modo affidabile per verificare se il nuovo trattamento (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, ecc.) è più efficace di quello o quelli al momento disponibili.

Partecipare ad uno studio clinico significa avere la possibilità di essere sottoposti al trattamento in sperimentazione o, se fate parte del gruppo di controllo, di ricevere il miglior trattamento convenzionale disponibile per la vostra malattia. Ovviamente, nessuno può garantire a priori che il nuovo trattamento, seppur efficace, dia risultati migliori di quello convenzionale. Se parteciperete ad uno studio clinico sarete sottoposti ad una serie di controlli molto rigorosi, comprendenti un numero di esami e visite mediche anche maggiore di quello previsto normalmente.

Se il trattamento oggetto della sperimentazione si dimostra efficace o più efficace rispetto al trattamento convenzionale, sarete i primi a trarne beneficio. Di solito, agli studi clinici partecipano diversi ospedali.