L’ecografia transvaginale è il cardine della diagnostica del cancro ovarico, per quanto non è dimostrato un beneficio prognostico nell’adozione di strategie di screening. I sintomi della malattia sono alquanto aspecifici (disturbi gastrointestinali, stitichezza, sensazione di pressione a livello pelvico, dolore, gonfiore addominale) e generalmente tardivi.

Circa il 30% dei casi il cancro ovarico è causato da un’alterazione genetica. I soggetti portatori di mutazioni nei cosiddetti geni BRCA mostrano un elevato rischio di cancro mammario e/o ovarico, più giovane età alla diagnosi, cancri multipli (mammario e ovarico, mammario bilaterale, etc.) o cancri inconsueti (mammario maschile, etc.). In presenza di mutazione BRCA1, il rischio di sviluppare un cancro mammario è del 65-85% e del 39-46% di cancro ovarico; nel caso di mutazione BRCA2 il rischio è rispettivamente del 45-85% e del 10-27% (a fronte di un rischio del 10% per il cancro della mammella ed inferiore al 2% per il cancro ovarico nella popolazione generale). L’alto rischio oncologico nei soggetti portatori di mutazione rende cruciale l’individuazione delle famiglie a rischio. L’offerta della consulenza con test genetico su sangue periferico a queste famiglie è attualmente estesa a tutti i casi di carcinoma ovarico (esclusi gli istotipi mucinosi). Gli interventi preventivi consistono nella farmaco-prevenzione (estroprogestinici orali), nella chirurgia profilattica dai 35-40 anni (annessiectomia bilaterale), e nella sorveglianza clinico-strumentale.

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